
Giuseppe Ducci
Direttore Dipartimento Salute Mentale DSM ASL ROMA 1
Adele Di Stefano
Responsabile UOSD SALUTE MENTALE E DIPENDENZE IN AMBITO PENALE ASL ROMA 1
L’Italia vive oggi una situazione di grave difficoltà sia per la sicurezza collettiva, da un lato, sia per la salute mentale dei soggetti detenuti (rei folli) sia dei non imputabili (folli rei), dall’altro.
Vediamo qual è la situazione e quali sono le possibili proposte per intervenire su questa materia.
- Dati epidemiologici su disturbi mentali gravi, disturbi da uso sostanze e doppia diagnosi in carcere.
In Italia non è ad oggi presente un sistema informativo nazionale specifico per la popolazione detenuta; il sistema di monitoraggio per la salute mentale non è predisposto per rilevare l’assistenza erogata in carcere e l’unico sistema informativo nazionale di riferimento per questo settore è quello relativo ai disturbi da uso di sostanze (SIND). Dalla Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia (2023) emerge che i soggetti tossicodipendenti in carcere corrispondono al 30% della popolazione detenuta, di cui circa il 37% non si è mai rivolta in precedenza ai servizi territoriali.
I dati epidemiologici internazionali stimano che circa il 10-15% della popolazione detenuta sia affetta da un disturbo mentale grave (Lancet Public Health, 2022), di cui il 50% con associato un disturbo da uso di sostanze.
Dai report regionali sulla salute in carcere (per le regioni dotate di sistema informativo regionale) si conferma che anche in Italia circa il 10-15% della popolazione detenuta risulta affetta da disturbo mentale. In pratica si tratta di 6.000-9.000 detenuti su una popolazione complessiva di circa 60.000 detenuti.
- Attuale situazione italiana: non imputabili e imputabili. I diversi percorsi tra i folli rei e i rei folli.
In Italia è previsto un doppio binario per le persone con disturbo mentale che abbiano commesso atti illegali, in funzione della relazione stabilita tra la condizione psichica del soggetto al momento del reato ed il reato stesso. Nel caso sia rilevata una diretta correlazione tra patologia psichiatrica e la commissione di reato si configura il caso del folle reo; qualora invece la patologia psichiatrica sia subentrata in un secondo momento o la stessa non sia stata riconosciuta direttamente collegabile al reato, si configura il caso del reo folle. Per entrambe le categorie il Codice Penale Rocco del 1930 aveva previsto l’internamento nei Manicomi criminali, successivamente denominati Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG). Con la riforma della Sanità Penitenziaria (2008), che ha sancito il passaggio della sanità penitenziaria alle ASL, e la successiva Legge n. 81 di superamento degli OPG (2014), per le due categorie rappresentate dai folli rei e dai rei folli sono state definiti percorsi trattamentali e giuridici profondamente differenziati. I folli rei sono riconosciuti come non imputabili e, pertanto, la norma pone al centro la necessità di cura e la contemporanea garanzia sulla sicurezza della comunità, demandando al sistema sanitario anche le funzioni più prettamente custodiali. L’altra popolazione, costituita dai rei folli, quindi imputabili, rientra direttamente nel circuito penitenziario, in cui la garanzia della cura deve essere assicurata nei luoghi detentivi o ricorrendo alle misure alternative ove previste.
L’attribuzione ad una categoria di soggetti piuttosto che all’altra è determinata non solo da aspetti prettamente clinico-giuridici-forensi, ma anche alle possibilità di difesa e di conoscenza della legislazione italiana, molto più limitata per gli stranieri.
- Focus sugli imputabili
La Legge 81 del 2014, che ha sancito la chiusura degli OPG e l’apertura delle REMS, ha previsto che i soggetti imputabili espiassero la pena in carcere in sezioni specialistiche dedicate. A seguito della Sentenza della Corte Costituzionale 99/2019 è stata prevista la possibilità di accedere a misure alternative per garantire anche ai soggetti con disturbo mentale l’accesso ad eventuali trattamenti esterni, così come previsto per i soggetti con gravi patologie fisiche (art. 147 Ord. pen.).
La Conferenza Unificata Stato-Regioni, il 22 Gennaio del 2015 (“Accordo ai sensi dell’art.9, comma 2 lett. C) del D.L. 28/8/1997, n.281 sul documento “Linee guida in materia di modalità di erogazione dell’assistenza sanitaria negli istituti penitenziari per adulti; implementazione delle reti sanitarie regionali e nazionali”), ha individuato alcune sezioni specificatamente dedicate a:
- Sezioni per i disturbi mentali[1]
- Sezioni per tossicodipendenti
Nonostante la presenza di un numero sempre maggiore di persone con una co-morbilità di disturbo mentale e di disturbo da uso di sostanze, non sono al momento identificate sezioni che possano rispondere adeguatamente alle esigenze di cura di questa popolazione.
Le sezioni specialistiche per disturbo mentale sono presenti in 33 Istituti Penali, con circa 320 posti, che corrispondono a circa lo 0,5% della popolazione detenuta, a fronte di una presenza stimata del 10-15% di persone con disturbo mentale grave in carcere.
La normativa per le Misure Alternative alla detenzione prevede percorsi di trattamento e opportunità giuridiche difformi per coloro che presentano un disturbo mentale da coloro che presentano un disturbo da uso di sostanze.
Per questi ultimi, ai sensi del DPR 309/90 e s.m.i., il Servizio Sanitario può individuare un programma di cura (ambulatoriale, semiresidenziale, residenziale) che l’interessato presenta all’Autorità Giudiziaria: la cura come alternativa alla detenzione rappresenta per molti soggetti un’occasione per avviare un trattamento clinico che altrimenti non avrebbe avuto luogo. Il trattamento sanitario concorre pertanto a sostenere il senso di responsabilità individuale (responsabilità di cura) e al contempo a incidere positivamente nel rischio di recidiva.
Nei casi di disturbo mentale, non è previsto un analogo percorso clinico e giudiziario. Solo a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale 99/2019 è stato permesso l’accesso a trattamenti terapeutici in luoghi di cura esterni al carcere per chi è affetto da grave disturbo mentale (che in precedenza accedeva agli OPG).
La dicotomia tra i due percorsi prefigura possibili differenze di garanzia delle cure; tale condizione è ancor più paradossale considerando che oltre il 50% dei detenuti con disturbo mentale è affetto anche da disturbo da uso di sostanze.
- Focus sui non imputabili
L’attuale normativa, non modificata dal 1930, associa la non imputabilità all’incapacità di intendere e volere. Le funzioni mentali sottostanti tali capacità sono primariamente di ordine cognitivo; la capacità di intendere si riferisce alla capacità di comprendere il significato delle proprie azioni e la realtà esterna, presuppone la capacità di pianificazione e di comprensione della mente altrui. Il volere presuppone la capacità di controllo cosciente delle proprie azioni e la possibilità di inibizione dell’automatismo di azione.
Tali funzioni cognitive, unitamente alle funzioni emotive e relazionali, costituiscono il focus di ogni trattamento clinico, che in questi casi è reso indipendente dall’acquisizione della responsabilità individuale.
Nei casi di non imputabilità, il trattamento sanitario è disposto in funzione della tipologia di Misure di Sicurezza stabilite dall’Autorità Giudiziaria, anche in base alle valutazioni effettuate dai Consulenti Tecnici di Ufficio: le Misure di Sicurezza detentive determinano il ricovero in REMS, mentre le Misure non detentive (Libertà Vigilata) determinano la realizzazione di trattamenti sanitari nei circuiti ordinari della salute mentale (ambulatoriali, semi-residenziali, residenziali). Il trattamento è quindi realizzato in circuiti unicamente sanitari, nonostante la presenza della pericolosità che determina la misura di sicurezza.
- Applicazione della non imputabilità
Nel 2005 la sentenza Raso (Sezioni riunite della Cassazione) ha ampliato il riconoscimento di vizio di mente ai casi con disturbo di personalità (nel caso della sentenza si riferiva a specifico disturbo paranoide).
Nel 2014 la Legge 81 sul superamento degli OPG ha previsto la chiusura degli OPG e l’apertura delle REMS per non imputabili e reingresso in carcere per gli imputabili (teoricamente nelle sezioni per pazienti psichiatrici)
Nel 2019 la sentenza della Corte Costituzionale n.99 ha sancito l’illegittimità dell’art. 148 dell’Ordinamento penitenziario e ha reso possibile accedere alle cure in regime di detenzione domiciliare per i soggetti con disturbo mentale (precedentemente inseriti in OPG).
Infine, il 27 Gennaio 2022 la Corte Costituzionale ha chiesto al Parlamento di legiferare per superare le criticità date dalla L. 81/2014.
- I problemi attuali e le proposte.
Le funzioni di custodia e sicurezza per i non imputabili con misure di sicurezza per pericolosità sociale sottoposti a misure detentive e non detentive sono assegnate esclusivamente ai servizi di Salute Mentale (DSM), a detrimento delle funzioni di cura e con livelli di responsabilità professionali intollerabili e ingestibili senza gli strumenti adeguati.
Dopo la chiusura degli OPG vi è un abuso del ricorso alla non imputabilità, per categorie diagnostiche che non corrispondono all’incapacità di intendere e volere.
Le risorse strutturali, professionali ed economiche per assicurare la cura in carcere dei soggetti con grave disturbo mentale sono scarse o assenti.
Appare quindi necessario proporre una legge di sistema che intervenga sul codice penale, sulle strutture carcerarie, sull’organizzazione sanitaria, attraverso:
- l’abolizione immediata dell’art. 89 cp (semi-infermità di mente), dell’art. 95 cp (cronica intossicazione da alcol o da sostanze stupefacenti) e dell’art. 203 c.p. (pericolosità sociale psichiatrica, che prevede che la persona, anche se non imputabile, è da considerarsi socialmente pericolosa se è probabile che commetta nuovi reati)
- l’introduzione nell’art. 88 (infermità di mente) del criterio della discriminante psicotica per i casi di non imputabilità. È incapace di intendere e di volere solo chi, per infermità mentale, è stabilmente psicotico
- la realizzazione di sezioni sanitarie specialistiche psichiatriche, all’interno degli istituti penali più grandi, con moduli di 20 pl, per un totale nazionale di almeno 3.000 posti
- l’attivazione di percorsi alternativi alla detenzione e il finanziamento di strutture sanitarie ricettive (a partire dalle attuali REMS), sul modello delle Misure Alternative alla Detenzione (DPR 309/90 e s.m.i.)
- la progressiva eliminazione dell’art. 88 cp
[1] “In tali sezioni gli interventi diagnostici e terapeutico riabilitativi sono assicurati dai Dipartimenti di salute mentale delle Aziende sanitaria territorialmente competenti oltre che dagli altri specialisti del Servizio. L’inserimento in dette sezioni che comprendono e unificano le preesistenti sezioni penitenziarie per osservandi e minorati psichici, è riservato ai soggetti detenuti che presentano disturbi psichici gravi, con specifico riferimento ai soggetti di cui all’art.111 (commi 5 e 7) del DPR 230/2000 sull’Ordinamento penitenziario, ai soggetti di cui all’art. 112 del DPR medesimo ed ai soggetti di cui all’art. 148 C.P.”