
Lucia Chiappinelli
Dirigente Psicologa Asl Roma1
Dipartimento di Salute Mentale – UOC PIP SM
Servizio Psicologico Istituto Penale Minorile “Casal del Marmo” Roma
Referente Aziendale per la Giustizia Minorile ASL Roma1
Il fenomeno della violenza di genere si è prepotentemente posto all’attenzione delle Istituzioni che si occupano di accompagnamento alla crescita di soggetti in età evolutiva impegnando tutti nell’ambizioso obiettivo di proporre programmi di prevenzione che possano permettere una intercettazione precoce dei fattori di rischio oltre che una programmazione di interventi di promozione della sana affettività articolati per stadiazione, in modo che sin dall’infanzia si possa favorire il benessere delle relazioni interpersonali.
L’investimento di pensiero e di risorse in questa direzione parte dal bisogno rilevato di offrire supporti psico-educativi da realizzarsi all’interno dei luoghi di prossimità dei destinatari a cui sono rivolti e tra questi in primis nella scuola, strutturandoli all’interno di una visione longitudinale che per tutto lo sviluppo evolutivo, possa trattare il tema della “sana affettività” con pertinenza e appropriatezza dei contenuti da proporre.
L’itinerario di prevenzione dovrebbe dunque poter partire dal superamento degli stereotipi di genere e da una educazione affettiva basata sul riconoscimento e rispetto dell’altro per poi giungere in adolescenza, alla prevenzione degli stili di affettività e sessualità disfunzionali all’interno dei quali possono trovare spazio in età adulta, relazioni violente e abusanti.
Nell’articolazione di tali percorsi, una riflessione ha tuttavia sollevato interrogativi interessanti ponendo, a latere della visione di una resistente cultura patriarcale che ancora impone una dominanza del maschile sul femminile esercitata su vari fronti, una considerazione su una più diffusa e attuale difficoltà emotivo-relazionale trasversale negli adolescenti dell’era digitale.
Si tratta di una fragilità che non presenta particolari differenze di genere e che sempre più trova spazio di rappresentazione nel palcoscenico delle prime relazioni sentimentali, all’interno delle quali le vulnerabilità soggettive si travestono di controllo e potere sull’altro nel disperato tentativo di tenere a bada l’angoscia temuta della perdita.
Si tratta di un fenomeno che gli anglosassoni chiamano Teen Dating Violence (TDV) espressione di comportamenti aggressivi o a volte espressamente violenti che caratterizzano le relazioni affettive tra adolescenti all’interno di dinamiche relazionali in cui aggressore e aggredito si intrecciano e si confondono, scegliendo modalità di attacco all’altro differenti e specifiche sulla base del genere (comportamenti fisici violenti o rapporti sessuali non consenzienti nei maschi e violenza psicologica e minacce di gesti autolesivi o anticonservativi nelle femmine) ma tuttavia all’interno di una interazione che, se così connotata, non diventa supporto alla crescita. Amore e paura nei confronti del partner e delle sorti del legame, di fatto mantengono la qualità disfunzionale della relazione che tuttavia tiene al riparo le parti coinvolte, dal rischio minaccioso della separazione.
Ciò che colpisce in modo preoccupante è che i connotati di tale relazione violenta e controllante appaiono agli occhi degli adolescenti stessi, comportamenti normalizzati nonché attestazione di un sentimento d’amore rassicurante, trasformando la relazione affettiva in qualcosa che sempre più si distanzia dall’ideale romantico e tenero che dovrebbe caratterizzare le prime esperienze d’amore.
Le vulnerabilità evidenti nell’osservazione dell’affettività nelle nuove generazioni, sembrano ereditate da una nuova cultura delle relazioni che l’era digitale ha introdotto e da un mondo adulto sempre più fragile che ha bisogno di essere sostenuto nell’esercizio della funzione educativa.
Un recente progetto del DSM della nostra ASL sul tema della crescita nell’era digitale (Educatamente 2.0) ci ha ricordato quanto sia necessario considerare che nel territorio virtuale, abitato frequentato dagli adolescenti, sempre più complicato appare il processo di soggettivazione a vantaggio di una iperconnessione virtuale con l’altro da sé che di fatto rappresenta un ostacolo per la conquista di una autentica autonomia che può sostenere la separatezza e la separazione dall’altro.
Il fenomeno in argomento, letto come espressione di un incrocio tra vulnerabilità intersoggettive, relazionali e sociali, pone al centro delle nostre competenze sanitarie in tema di prevenzione e promozione della salute mentale in adolescenza, l’importanza di una educazione all’affettività basata sull’offerta di percorsi che sviluppino nei ragazzi e nelle ragazze una capacità di stare on line con le proprie emozioni, favorendo così un sano processo di individuazione nonché la funzione riflessiva e di mentalizzazione dei propri stati psichici, necessaria per esercitare una ”sovranità” su ciò che si sperimenta emotivamente nel proprio spazio intimo. Una prevenzione dunque che mira alla gestione di sé per evitare di perdersi in balia di una esperienza emotiva che per essere contenuta, si serve del controllo sull’altro in quanto necessario alla sopravvivenza di un sé acerbo e in condizioni di precario equilibrio.